Roma, Palasport, 12 maggio 2017, ore 19.20
Poter assistere ai preparativi degli artisti che si apprestano ad andare in scena è forse una esperienza più interessante e coinvolgente del concerto stesso. Solo gli addetti ai lavori e pochi amici e familiari sono ammessi nella zona del backstage e dei camerini, quindi si tratta di un privilegio raro. E’ questo il momento in cui l’artista, lontano dalla luce dei riflettori, mostra il suo lato più vero e vulnerabile, sottoposto com’è alla tensione del “panico da palcoscenico” che colpisce anche gli artisti più navigati ed esperti.
Nel backstage del Palasport di Roma manca poco più di un’ora all’inizio del concerto de Il Volo e fervono i preparativi, ma non si respira un’aria densa di tensione e di nervosismo come ci si potrebbe aspettare. Nei corridoi, alcuni orchestrali ancora in jeans e Tshirt sono seduti per terra e conversano tranquillamente. Alcuni provano gli strumenti in un angolo. A turno entrano poi nei camerini a loro riservati per cambiarsi.
I componenti de Il Volo, Gianluca, Ignazio e Piero, sono chiusi nei loro camerini ma ogni tanto uno di loro esce fuori, con indosso solo metà del vestito di scena, per chiacchierare con gli altri o farsi un selfie. Abbracciano i nuovi arrivati e, passando, hanno sempre una parola, un sorriso o un pacca sulla spalla per tutti.
I loro parenti, amici e i membri del management e dello staff conversano e scherzano tra loro senza mostrare alcuna ansia o preoccupazione, come se si trovassero ad una rilassata riunione tra familiari.
Ad un certo punto si presenta all’ingresso della zona transennata una coppia, spingendo la sedia a rotelle di un ragazzo disabile, e viene fermata dall’addetto di guardia che intima: “senza permesso non si può passare”. Ignazio scorge la famigliola e si avvicina a loro, chiamando a gran voce i suoi due colleghi che accorrono subito per abbracciare il loro giovane fan il cui viso si illumina di gioia e di commozione. Si tratta di una azione del tutto spontanea, non c’è nessun manager a suggerire sottovoce “Fatevi riprendere, è tutta pubblicità”, anzi ci dicono che è proibito scattare foto o fare riprese per motivi di privacy. I tre artisti si intrattengono amabilmente per alcuni minuti con il ragazzo e i suoi genitori poi, scusandosi per il poco tempo a disposizione, si congedano e ritornano nei camerini.
La memoria a quel punto mi riporta ad altri backstage, con i “divi” che passavano senza degnare di uno sguardo i presenti, come se si considerassero semidei, seguiti da un nugolo di assistenti trafelati e spaventati. Anche quelli che parevano gentili in realtà mostravano più che altro accondiscendenza, ostentando un’aria annoiata e infastidita come a voler rendere chiaro a tutti che loro erano famosi e gli altri non erano nessuno. Dai camerini si levavano subito le loro voci adirate che urlavano ordini ai malcapitati costumisti rei di aver tralasciato una piega o di aver sbagliato un accessorio. Ricordo la delusione nello scoprire la boria e l’arroganza di artisti che venivano presentati al pubblico come “simpatici e alla mano”.
Dal camerino di Piero, invece, trapelano solo i suoi possenti gorgheggi mentre “scalda” la voce. Poi all’improvviso risuona a tutto volume un brano dal ritmo latinoamericano, la porta si spalanca e Piero esce fuori ballando, con indosso il pantalone, la camicia del completo e il papillon, e trascina nei suoi volteggi i membri dell’orchestra già in abito da sera che ridono divertiti. Suo padre, in piedi davanti allla porta, sorride comprensivo. Ignazio e Gianluca escono a loro volta e si uniscono alla danza improvvisata, poi qualcuno ricorda loro che mancano pochi minuti all’inizio del concerto e si precipitano di nuovo nei rispettivi camerini. Pochi secondi dopo riesce Ignazio senza scarpe e con la camicia slacciata e corre verso l’ingresso del corridoio urlando al manager mentre passa: “devo andare a prendere la cugina di Alessandra, non la fanno passare”. Ritorna poco dopo con la giovane e la presenta a tutti, prima di rinchiudersi nuovamente.
Una costumista si affretta portando il completo di Gianluca ma nello sfiorare una persona la giacca scivola dalla stampella, cade a terra e qualcuno ci mette involontariamente un piede sopra, lasciandola tutta spiegazzata; occorre ristirarla subito. Un episodio che avrebbe sicuramente scatenato l’ira di altri finisce in battute e risate: “Lo avevo detto che era meglio usare vestiti che non si stirano…anzi meglio vestiti usa e getta!”
Ignazio e Piero sono quindi pronti per primi e, mentre aspettano Gianluca, scherzano con il direttore d’orchestra. Quando mancano ormai solo cinque minuti all’inizio del concerto un’addetta della produzione annuncia che c’è un giornalista che vorrebbe intervistare i ragazzi. Michele Torpedine, il loro manager, obietta che c’è poco tempo ma loro si dichiarano disponibili. Ignazio e Piero lo invitano nel camerino e Gianluca li raggiunge poco dopo.
Viene spontaneo chiedersi se i giornalisti che li hanno spesso dipinti come montati e arroganti lo abbiano fatto spinti da un perverso senso di onnipotenza nel voler plasmare l’opinione pubblica presentando di loro una immagine opposta a ciò che sono realmente. Questi tre ragazzi sono infatti l’antitesi del divismo e sono addirittura sconcertanti per la loro umiltà e semplicità. E’ come se avessero scisso la loro dimensione artistica da quella personale, conservando i principi e i valori granitici inculcati dalle loro famiglie, che dimostrano ancora oggi uno straordinario esempio di genitorialità amorevole, presente, attenta, e mai invasiva; una qualità rara. L’aspetto ancora più straordinario è che questi tre ragazzi, con caratteristiche così simili, provenienti da regioni diverse, si siano incontrati per caso nello stesso luogo e nello stesso momento creando un fenomeno che incanta il mondo intero. Porta davvero ad interrogarsi sulla forza del destino.
Arriva il momento di incamminarsi tutti assieme verso l’ingresso del palco e il corridoio del backstage si svuota. L’orchestra entra in scena per prima e intona le note del brano introduttivo. Gianluca si apparta con la madre, che gli sistema il papillon, poi passeggia con il fratello. Ignazio racconta una barzelletta a Pif, che era venuto ad intervistarli. Il padre di Piero dà un’ultima pulita agli occhiali del figlio, gli sussurra qualcosa e lo abbraccia. L’orchestra tace, il pubblico applaude e Michele annuncia: “E’ ora!”. In colonna indiana seguiamo i tre artisti che entrano nella sala del Palasport gremito, accolti dal boato della folla in delirio, e per un attimo capiamo tutti cosa si prova ad essere adorati come idoli da migliaia di persone.
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