domingo, 19 de fevereiro de 2017

Il Volo e l'insostenibile pesantezza della critica - Patrizia Ciava (Italia Ri-unita)



Il gruppo musicale Il Volo è l’unica realtà italiana ad aver ottenuto un gradimento globale che coinvolge ogni continente e persone di tutte le età ed estrazioni sociali, i loro CD escono simultaneamente in più di 50 paesi ed i loro concerti fanno il tutto esaurito in ogni parte del mondo.

Indubbiamente, l’enorme consenso di pubblico ottenuto anche in Italia ha spiazzato chi ne aveva pronosticato – e auspicato – l’imminente fiasco dopo la vittoria al Festival di Sanremo nel 2015. L’atteggiamento di arrogante disprezzo da parte dei giornalisti verso i tre giovanissimi vincitori in conferenza stampa fu inqualificabile e rovinò probabilmente in parte la loro gioia per aver coronato il sogno di essere finalmente apprezzati anche in patria. Guardandoli in video si nota che erano talmente tesi e a disagio da non riuscire a manifestare la solita spontaneità e freschezza, ed apparivano persino scontrosi nel tentativo di difendersi dalle battute sarcastiche dei reporter i quali, approfittando della loro giovane età e della loro ingenuità, si sono permessi un’insolenza che non avrebbero mai esibito con altri.

E’ comunque divertente rileggere oggi le feroci critiche piovute sul trio in quella occasione o la battuta di Nek il quale, non riuscendo a nascondere il proprio disappunto per essere arrivato secondo, proferì: “Sono curioso di vedere dove arriverete, ora sono cxxxi vostri”. Beh, potremmo dire che la sua curiosità è stata soddisfatta ma forse non altrettanto il suo ego.

Ciò che colpisce maggiormente, tuttavia, è che i giornalisti che li criticavano, ergendosi a giudici ed intenditori, sembravano conoscerli molto poco, evidenziando come la loro presa di posizione fosse basata sul pregiudizio e la superficialità. C’è chi li credeva un gruppo folkloristico che canta vecchie canzoni da operetta, alla stregua di quei camerieri che si improvvisano tenori e intrattengono i clienti nelle pizzerie di New York, e chi riteneva il loro successo all’estero attribuibile unicamente ai favori di un pubblico costituito da vecchi emigranti italiani nostalgici.

Se si fossero presi la briga di informarsi si sarebbero resi conto che questi tre giovanissimi avevano già ottenuto un successo planetario ineguagliabile e che erano il gruppo italiano più famoso al mondo. Mentre nel nostro paese non li conosceva ancora nessuno, in pochi anni avevano scalato le vette delle classifiche in diversi continenti, dalla Nuova Zelanda alla Malesia, dagli Stati Uniti all’America Latina, nel 2014 avevano vinto il prestigioso premio Billboard Latin Music Awards a Miami superando artisti del calibro di Shakira e Ricky Martin, i dischi di platino non si contavano, avevano duettato con i più grandi artisti, avevano cantato in tutti i luoghi preposti alla musica di alto livello, dal Madison Square Garden di New York alla consegna dei Premi Nobel a Oslo, dove il re di Norvegia in persona aveva tributato loro una entusiastica standing ovation insieme alle centinaia di spettatori presenti. Non esisteva paese che non li avesse accolti ed osannati, tranne l’Italia.

In patria furono presentati dai media come “giovani-vecchi” rappresentanti di “un’italianità retrò” e un po’ kitsch. Aldo Cazullo, nelle pagine del Corriere, li definì un prodotto da esportazione di “bassa” cultura: “La loro è un’Italia un po’ stereotipata, gorgheggi e melodia, echi di arie liriche e canzoni napoletane ma in fondo quello che il mondo ci chiede non è la nostra cultura «alta».”. Paolo Giordano, sulle pagine del Giornale, scrisse: “Questi tre ragazzi rappresentano il cliché del “belcanto” dal quale vorremo staccarci da mezzo secolo e rischiano di farci tornare indietro, almeno come percezione collettiva”.

Articoli evidentemente improntati al solito provincialismo esterofilo che spinge ad esaltare stili e mode che non ci appartengono anziché valorizzare le nostre unicità, nonché al patologico complesso di inferiorità degli italiani che li porta a credere di essere derisi o trattati con sussiego dagli stranieri se esprimono la loro “italianità”.

Li dipingevano come giovani seri e impostati che “se la tirano”, fautori di un genere antiquato ed anacronistico, dimostrando di non averli mai conosciuti né di averli mai visti in concerto. Ciò che stupisce infatti nelle loro esibizioni live è la capacità di trasformarsi in un attimo da simpatici burloni, in grado di divertire ed intrattenere il pubblico, a talentuosi artisti che riversano la loro anima nel brano che interpretano con un virtuosismo degno dei più grandi vocalisti.

Il loro genere musicale è molto particolare e difficile da definire, lo chiamano pop-lirico o operatic-pop ma è molto diverso da quello di Andrea Bocelli, ad esempio, che è più classico e rivolto ad un pubblico più maturo. E’ anche fuorviante parlare solo di “belcanto all’italiana”, a meno di voler includere in questa categoria le interpretazioni di Tom Jones, Barbra Streisand, Elvis Presley, Charles Aznavour o Michael Bublè, visto che i tre giovani artisti eseguono anche brani melodici in perfetto inglese, spagnolo e francese, già interpretati da queste icone della musica leggera internazionale. Il loro repertorio comprende alcune delle più belle canzoni che siano mai state scritte in Italia e all’estero, ri-arrangiate magistralmente per adattarsi alle loro straordinarie voci, che incantano e piacciono più delle versioni originali, come testimoniano i numerosi commenti degli internauti. Una donna inglese dichiara: “Pensavo che nessuna versione di Delilah potesse eguagliare quella di Tom Jones, ma dopo aver ascoltato Il Volo, mi sono ricreduta”.

Ancora oggi, pur avendo dovuto prendere atto, volente o nolente, della loro immensa popolarità, molti giornalisti continuano a non comprenderne il motivo. “La sorpresa è che quest’Italia da esportazione, una volta reimportata, funziona” si stupisce Cazullo. In particolare, non si spiegano l’entusiasmo degli adolescenti e giovanissimi abituati ad apprezzare generi musicali di stampo anglosassone. Improvvisandosi psicologi o sociologi cercano le più improbabili motivazioni, quando la risposta è molto semplice. Ciò che piace del Volo sono loro: Gianluca, Ignazio e Piero. Non importa il genere o il brano che cantano, è il modo in cui lo eseguono che fa la differenza. “Saprebbero emozionare pure se cantassero il ballo del qua qua” si legge in un commento. Ed è vero. Con le loro interpretazioni riescono a trasformare qualsiasi canzone in un capolavoro. La perfetta alchimia creata dalla combinazione delle loro prodigiose voci, così possenti, particolari e versatili, unita alla passione e alle emozioni che riescono a trasmettere, affascina e irretisce chiunque li ascolti. Di solito, chi ha una voce importante come la loro imposta le proprie esecuzioni sulle doti canore e si concentra su virtuosismi vocali, mentre questi tre giovani artisti usano le loro stupende voci come strumento per suscitare empatia e commozione, così come un pittore usa il pennello, un poeta le parole e un compositore le note. Questo presuppone ovviamente una sensibilità particolare sia da parte di chi esegue sia da parte di chi ascolta, dote che probabilmente molti critici non possiedono. Loro cercano di spiegare razionalmente ciò che razionale non è. L’armonia e la bellezza, nelle sue molteplici forme, va a toccare corde profonde dell’animo umano e non è sempre spiegabile a parole.

Purtroppo, un certo tipo di stampa nazionale che si fa un vanto di snobbare e distruggere mediaticamente le eccellenze del nostro paese, continua tuttora a stroncarli con rabbioso sdegno, denigrando non solo loro ma anche chi li acclama, quasi fossero tutti vittime di un ottenebramento collettivo, e arrivando persino a diffamare gli artisti di fama internazionale che li sostengono, come Placido Domingo accusato dal Fatto Quotidiano di “aver fatto una marchetta”, per aver diretto l’orchestra che li ha accompagnati nel concerto “Tributo ai Tre Tenori”.

Questi articoli evidenziano la mancanza di professionalità di chi scrive anche su giornali a tiratura nazionale senza cognizione di causa. C’è chi, pensando di fare uno scoop, rivela che non sono cantanti del Teatro dell’Opera o chi, come Michele Monina, continua ostinatamente a negare l’evidenza. Nel commentare sul Fatto Quotidiano il concerto di Firenze “Tributo ai Tre Tenori”, trasmesso su Canale 5, quest’ultimo asserisce che il pubblico li ha accolti “tiepidamente” perché “non emozionano”. Viene da chiedersi se mente sapendo di mentire oppure se pensa che le sedie erano elettrificate ed è per questo che gli spettatori balzavano in piedi al termine di ogni canzone in un tripudio di applausi e di appassionate standing ovation. Forse non si è nemmeno preso la briga di guardare in streaming il concerto ma ha obbedito pedissequamente agli ordini del direttore che si definisce con orgoglio un “anti-italiano” facendo del suo giornale un bulldozer usato per demolire ogni realizzazione del nostro paese. Vale la pena riportare a questo proposito il commento di un lettore: “Monina è un chiaro esempio di come il conformismo indotto dall’omologazione culturale globale faccia seri danni, in questo caso stroncando un prodotto musicale che meritoriamente fa divulgazione della lirica tra i giovanissimi. La pericolosità di questi giornalisti che si danno arie da intellettuali schierandosi a sostegno dei poteri forti dell’omologazione culturale anglofona non va sottovalutata.”

Questi presunti intenditori dovrebbero farsi un giro in internet e forse – dico forse presupponendo la buona fede di alcuni- capirebbero di trovarsi dinanzi ad un fenomeno che non può essere liquidato come un “prodotto creato a tavolino” grazie alla pubblicità, come asseriscono. Perché è soprattutto leggendo le centinaia – se non migliaia – di commenti in diverse lingue (ammesso che i nostri valenti intellettuali ne capiscano almeno una) che si realizza l’effetto straordinario che suscitano. Gli aggettivi e le frasi che ricorrono più spesso per descrivere le loro performance sono “mesmerizing” (che strega, ipnotizza) “breathtaking” (da togliere il fiato), “they are out of this world” (non appartengono a questo mondo), “they stole their voices from the Gods/Angels” (hanno rubato la voce agli dei/angeli). Inutile dire che gli unici commenti negativi sono scritti dai soliti haters italiani, ma per fortuna sono pochi rispetto a quelli positivi, e questi ne sono alcuni esempi: “non sono di questo mondo…sono perfetti”, “fanno divertire oltre che emozionare.”, ”Talento Divino!”, “li ascolto e sono felice”, “li ascolto tutti i giorni ,mi fanno stare bene.!”, “Fantastici e talentuosi ragazzi !!!! orgoglio italiano. !!!”, “siete meravigliosi vi ascolto tutti i giorni mi avete dato tanta forza di vivere, grazie ragazzi“, “la loro voce scalda il cuore e fa gioire l’anima.”, “Cos’è questa corrente che sentiamo quando cantano? è emozione pura”.

Il fatto singolare, volendo approfondire l’indagine, è che non si trovano testimonianze così numerose ed appassionate in calce ai video di altri artisti di fama internazionale, neanche quelli che cantano generi simili o hanno voci notevoli, come Giorgia o Andrea Bocelli. Inoltre, guardando le repliche dei loro concerti sui palchi più importanti del mondo si nota che gli spettatori tributano loro entusiastiche e spontanee standing ovation al termine di ogni canzone e non alla fine del concerto, come accade di solito.

Come si evince da alcuni dei commenti riportati sopra hanno un solo difetto: possono provocare assuefazione.

Una curiosità:

Come è noto, dopo la vittoria al Festival di Sanremo, Il Volo ha partecipato all’Eurovision Song Contest 2015 vincendo con ampi margini il televoto (1.Italy – 366, 2.Russia – 286, 3.Sweden – 279) ma ottenendo il terzo posto per volontà della giuria, il cui voto contava per il 50%, scatenando la rabbia dei fans di tutto il mondo.

Ma forse non tutti sanno che parallelamente si sono svolte altre due competizioni: quella per il miglior “Male vocalist 2015” (migliore voce maschile), in cui i cantanti del Volo si sono aggiudicati i primi tre posti e quella per il “Top male model 2015” ( il più bel cantante), in cui Gianluca Ginoble ha ottenuto il primo posto, Ignazio Boschetto e Piero Barone rispettivamente il terzo e quarto posto, superando colleghi di ogni nazionalità, tra cui svedesi, tedeschi e norvegesi. (23 concorrenti sono stati eliminati al primo turno e 16 sono rimasti in gara), con buona pace di Paolo Giordano che nel commentare il loro successo a Sanremo aveva scritto: “Nessuno di loro può essere considerato un sex-symbol”. Un’altra bella soddisfazione per i nostri ragazzi. “Gianluca and Ignazio are the first Italians to enter the Top Model Hall of Fame”.

Commento della redazione su Gianluca: “Gianluca knows how to work his angles. Telegenic, photogenic, and always looking for the light, he stares through the camera and into your soul. Just check out his eyes on stage in Vienna. This is sex face, y’all. This Italian Stallion is ready to gallop from the Eurovision stage to the runway.” (Gianluca ci sa fare. Telegenico, fotogenico, è sempre alla ricerca dei riflettori, attraverso la telecamera guarda dritto nella tua anima. Osservate il suo sguardo sul palco a Vienna. Questa è la faccia della sensualità, tutti voi. Questo stallone italiano è ora pronto a galoppare dal palco dell’Eurovision alle passerelle).

Ignazio: “Having already arrived and made a name for himself globally, Ignazio can unwind and kick back with the people. He was one of the most laidback contestants at Eurovision 2015. In a field of self-important pop stars, his down-to-earth realness was a breath of fresh air” (Essendo già arrivato ed essendosi fatto un nome a livello globale, Ignazio può rilassarsi ed essere disinvolto con la gente. E’ stato uno dei concorrenti più spiritosi dell’Eurovision 2015. In un ambiente di stelle pop autocelebrative, il suo modo di fare spontaneo e con i piedi per terra è stata una boccata di aria fresca.)

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