Sergio Bertocchi è il maestro di canto dei tre trionfatori del Festival. Ignazio Boschetto, uno dei vincitori, è nato in città
Bologna, 16 febbraio 2015 - La capacità di librarsi in un canto spiegato, Giancluca, Ignazio e Piero l’hanno imparata fuori porta Mazzini. E chissà se qualcuno li avrà mai incontrati per le strade di Bologna, tutte le volte che prendevano l’aereo per volare dal maestro Sergio Bertocchi, il loro mentore vocale, colui che ha insegnato ai tre cantanti come si respira e come si appoggiano i suoni controllandoli. Il Volo, trio di ugole d’oro che ha stravinto a Sanremo, le tecniche per avere successo le ha apprese proprio alla corte di questo tenore bolognese che ha cantato in tutto il mondo e che a 71 anni ha optato per una vita più tranquilla con al centro sempre e comunque l’insegnamento.
Maestro, come è avvenuto il suo incontro con Il Volo?
« Il primo che ho conosciuto è stato Gianluca Ginoble tre anni fa. Mi aveva chiesto di incontrarlo in studio a Roma il mio manager Virginio Fedeli su richiesta di Tony Renis, colui che ha creduto in loro dopo la partecipazione al talent condotto dalla Clerici. Lavorai con lui in occasione del primo disco del gruppo, lui aveva bisogno di un lavoro tecnico per acquisire più certezza nel canto, e infatti il mio nome compare tra i ringraziamenti».
Poi è diventato il coach vocale di tutti i tre cantanti?
«Sì perché poi anche gli altri due, Ignazio Boschetto e Piero Barone hanno chiesto la mia consulenza e sono venuti tante volte qui a casa mia. Poi quando andarono in America mi chiesero di andare con loro a fare il vocal coach ma io dovetti rinunciare, per la salute, e appena tornarono abbiamo ripreso il lavoro».
Quindi quello che sono ora lo devono molto a lei...
«Sì, io gli ho insegnato un metodo ma devo dire che quando li ho conosciuti ho pensato che fossero tre fenomeni, tre ragazzi con un dono incredibile e che sarebbero andati molto molto lontano. Anzi, hanno già bruciato parecchie tappe per la loro età».
Come descriverebbe le loro voci?
«Ognuno ha una sua grande caratteristica. Gianluca ha una voce baritonale molto calda nelle note di armonia, Ignazio ha una voce da tenore lirico svettante, Piero da tenore eroico e questa è la sua strada».
Sono nati tutti all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso...
«Hanno una grande consapevolezza di quello che sono e hanno questa grande passione che li porta ad impegnarsi al massimo. Io, nell’ambiente, sono conosciuto come uno molto severo, che non gratifica facilmente, ma con loro non ci sono stati momenti difficili perché hanno la disciplina innata di chi vuole arrivare».
Così giovani e già così famosi: ce la faranno a gestire il successo?
«Innanzitutto hanno la fortuna di essere sostenuti e seguiti dalle famiglie, il che è molto importante. E a questo proposito mi fa piacere ricordare una coincidenza, ovvero che Ignazio è nato a Molinella, proprio come me, e poi con la famiglia, ancora piccolo, si è trasferito a Marsala. Poi io li ho sempre tenuti coi piedi per terra, sono preparati anche a essere pesantemente criticati, ma affrontano tutto con tranquillità perché sono sicuri. E insomma... se non hanno perso la testa fino ad ora credo che non la perderanno più... sono delle star internazionali da prima di vincere Sanremo».
Lei sentiva che ce l’avrebbero fatta?
«Li ho sentiti la prima sera che hanno cantato e ho pensato che il brano aveva talmente presa sul pubblico che era stato conquistato da un canto libero e spiegato che scorre ed emoziona... e ho percepito qualcosa. Sono diversi e nonostante le critiche snob non sono un prodotto creato a tavolino, sono tre talenti puri».
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