quarta-feira, 18 de abril de 2012

La nave innafondabile: nell'anniversario della tragedia del Titanic, tre lezioni per gestori e consulenti

Ricordando i cento anni dal più grave disastro navale della storia, gestori e consulenti possono ragionare su tre lezioni valide anche per loro.

Nella notte del 14 aprile 1912 si inabissava nelle acque gelide del nord Atlantico il Titanic, la nave inaffondabile, il prodigio dell’ingegneria navale dell’epoca. Morirono 1.523 persone e con loro morì la Belle Epoque di cui il Titanic era meravigliosa rappresentazione, morì l’ottimismo che cultura, tecnologia, commercio avrebbero segnato un tempo di pace perpetua e la supremazia dell’Europa sul mondo. Due anni dopo sarebbe scoppiata la Prima Guerra Mondiale, tutto sarebbe cambiato.
Le cause delle grandi tragedie spesso sono molteplici, coincidenze che si incrociano con imprevisti, piccole disattenzioni che si rivelano fatali.

Le temperature elevate di quel mite aprile del 1912 favorirono la formazione di molti più iceberg rispetto alla media stagionale.

Nel trasferimento inatteso il secondo ufficiale dimenticò di consegnare la chiave dell’armadio dove erano custoditi i binocoli per le vedette. Una disattenzione banale, la chiave di un armadietto.

La rivalità tra le due compagnie transatlantiche per detenere il Nastro Azzurro, il record di traversata atlantica, indusse il comandante Smith a procedere alla massima velocità per arrivare a New York con 24 ore di anticipo e scalzare il primato della concorrente Canard Line.

Il tempo, il timing come si dice in gergo finanziario, ebbe un ruolo cruciale: se le vedette avessero avuto i binocoli che erano rimasti chiusi a chiave in qualche armadio della nave, si sarebbero accorte in tempo dell’iceberg, la velocità elevata non diede adeguati margini di tempo alla manovra. La collisione fu inevitabile.

Anche la percezione dell’inizio di qualcosa di nuovo è spesso ingannevole: l’impatto con l’iceberg fu quasi inavvertito dai passeggeri. E’ documentato che alcuni passeggeri di prima classe utilizzarono cubetti di ghiaccio dell'iceberg nei loro drink, superstiti parlarono di aver avvertito un "sordo ed ovattato sibilo”.

Nella fase di allestimento nei cantieri Harland & Wolff di Belfast la società armatrice decise che un sistema di scialuppe di salvataggio sovrapposte avrebbe compromesso l’eleganza della nave. La dotazione si ridusse a 16 scialuppe, decisamente insufficienti per le oltre 2.000 persone a bordo. Ma quando mai sarebbero servite le scialuppe di salvataggio su una nave inaffondabile?
Sotto accusa anche i rivetti, i giunti meccanici che la tecnologia navale dell’epoca prescriveva per “incernierare” i pannelli di acciaio dello scafo, una sorta di chiodatura. Non vennero utilizzati solo rivetti in acciaio ma nelle sezioni di prua e di poppa furono impiegati rivetti in ferro. La qualità della “saldatura” dello scafo era dunque pregiudicata dalla debole consistenza e dalla bassa qualità dei materiali impiegati.

Nella tragica vicenda del Titanic si riconoscono tre moniti ancora validi per Gestori e Consulenti Finanziari.

Prima di tutto l’hybris, l’arroganza spavalda e la sicurezza nelle sole proprie forze che irritava gli dei e perso il mortale che osava sfidarli. La nave di 269 metri che usciva dal porto quella mattina del 10 aprile 1912, cento anni fa esatti, sembrava sfidare gli dei con la propria invincibilità e avrebbe trovato il proprio destino quattro giorni dopo.

Troppe volte nella storia l’hybris, l’assolutezza delle proprie ragioni, ha perduto società e generato crisi finanziarie.

Nel 2000 si parlava di “fine del ciclo economico” grazie all’innovazione tecnologica che pareva garantire costanti incrementi di produttività, sembrava l’avvento del “nuovo paradigma” economico.
Quell’entusiasmo collettivo si rivelò illusorio e di breve durata, l’esplosione della bolla nel 2001 fu altrettanto inevitabile come l’impatto con l’iceberg.

Pochi anni fa la sofisticata ingegneria di nuovi prodotti finanziari inebriava mercati ed operatori con il mantra che il rischio fosse soggiogato per sempre, polverizzato e distribuito nelle cartolarizzazioni dei debiti. Anche queste sicurezza si trasformò in disinganno fatale, e incontrò il suo iceberg il 15 settembre del 2008.

Nel linguaggio finanziario si usa il termine “overconfidence”, eccessiva fiducia sulla propria intelligenza ed abilità. L’overconfidence è il rischio che corrono investitori, gestori professionali, consulenti finanziari, quando fanno eccessivo affidamento su capacità, intuito, informazioni disponibili a loro ma non a tutti. E su questa fiducia in se stessi e nelle informazioni prendono decisioni forti. Il rischio è quello di sovrastimare l’esattezza e l’attendibilità dei segnali, di rimanere sordi a fonti che sostengono soluzioni diverse. L’overconfidence non è cosa cattiva in sé: dalla audace fiducia nelle proprie capacità sono nate la Apple e la Microsoft, così come sono scaturiti il Long Term Capital Management, Enron e decine di analoghi episodi fatali. Qui entra in gioco l’esperienza: il giovane trader, gestore, consulente deve affinare la propria sensibilità a interpretare i segnali, imparare sui propri errori, temperare la virtù della cautela.

Una seconda lezione che si può ricavare dalla storia del Titanic è relativa all’importanza della buona organizzazione. L’approssimato passaggio di consegne del secondo ufficiale lasciò le vedette di coffa prive dei binocoli rimasti serrati in qualche armadio. La precedenza accordata ai messaggi a pagamento dei passeggeri ritardò le segnalazioni di estese formazioni di iceberg sulla rotta. Una imperfetta attribuzione delle responsabilità in fase di allestimento fece decidere per rivetti di ferro e per una inadeguata dotazione di scialuppe.

L’organizzazione del lavoro, individuale o in team, è fattore critico di successo. Fino a pochi anni fa l’organizzazione del lavoro seguiva le regole della rigorosa divisione delle responsabilità, dei ruoli e delle funzioni. Negli ultimi anni si è affermata una maggiore versatilità, è cresciuta l’importanza del lavoro di squadra, la tecnologia e le nuove forme di comunicazione hanno introdotto novità e varietà di ruoli.

Non comprendere le potenzialità dell’uso intelligente delle nuove forme di comunicazione potrebbe avere conseguenze meno tragiche rispetto ai rivetti in ferro del Titanic, ma comunque negative.
L’ultima lezione è saper riconoscere il cambiamento, i segnali che qualcosa di nuovo sta cominciando.

I passeggeri del Titanic non compresero che l’impatto avrebbe avuto conseguenze fatali, della collisione si accorsero solo coloro che erano sul ponte e comunque non ne avvertirono la gravità. I superstiti parlarono di un "sordo ed ovattato sibilo” o di “un dito che sfiora lo scafo”.
Scrive Hannah Arendt che “è nella natura dell'inizio che qualcosa di nuovo sia cominciato senza che lo si possa ricondurre a qualunque cosa sia accaduta in precedenza”.

Con il Titanic si è inabissata anche la presunzione della perenne supremazia economica e politica dell’Occidente sul mondo. “Alba di un’era nuova” è espressione logora ed abusata, eppure viviamo un tempo del tutto nuovo nel quale la supremazia economica procede verso l’Est e il Sud del mondo. Capire per tempo le conseguenze di questo passaggio epocale, anche negli investimenti e nella costruzione di portafogli significa attrezzarsi in modo adeguato ed evitare errori.




(testo tratto dal sito www.swissglobal-am.ti)

Nenhum comentário:

Postar um comentário