A casa abbiamo sempre avuto cani, ma mi sono sempre piaciuti gli animali in generale. Quando la mia collega Denise è andata in Italia le ho chiesto di portarmi alcuni libri fra i quali "A spasso con Bob" (A street cat named Bob) scritto da James Bowen, un ex-tossicodipendente, che dopo aver curato il gatto randagio pel di carota, sono diventati amici inseparabili. Il libro fu scritto in un modo colloquiale, ma molto sincero e commuovente. Raccomando a tutti quelli che amano i gatti, la lettura e la lingua italiana.
Uscire da solo quel giorno servì a farmi capire quanto ormai Bob fosse importante nella mia vita. Con lui sulla spalla o al guinzaglio, ero anch'io al centro dell'attenzione, mentre adesso, senza la sua presenza, rischiavo di tornare invisibile.
Tuttavia, qualcuno nel quartiere mi riconobbe e non poté fare a meno di chiedermi dove fosse Bob. "Dov'è il gatto, oggi?" mi domandò un venditore ambulante quando mi vide passare davanti alla sua bancarella.
"Sì è preso un giorno di ferie", risposi.
"Ah, meno male. Temevo che gli fosse successo qualcosa", aggiunse sorridendo.
Un paio di altre persone mi fermarono e mi rivolsero la stessa domanda. Appena spiegavo che Bob stava bene, si allontanavano, non gliene importava di me, lo sapevo e mi andava bene così.
Quel pomeriggio in James Street dovetti suonare qualche ora in più per guadagnare circa la metà di quanto avevo incassato nelle settimane precedenti.
Fu mentre tornavo a casa quella sera che cominciai a vedere con chiarezza la situazione: non era una questione di soldi, la verità era che da quando Bob era entrato a far parte della mia vita, questa si era arricchita di significato. La sua compagnia era talmente stimolante da farmi sentire più forte, più fiducioso, sicuro di farcela e rimettermi in gioco e ricominciare.
Non è facile quando lavori in strada. La gente non vuole darti una possibilità. Prima di Bob, se mi avvicinavo a qualcuno, mi rispondevano un: "No, grazie", ancora prima che io riuscissi a dire: "Ciao".
Succedeva anche se volevo solo chiedere l'ora. Non avevo ancora aperto bocca, che già partiva: "Non ho spiccioli, mi dispiace". Andava sempre a finire così. Nessuno mi concedeva un'opportunità; la gente non vuole capire che anch'io lavoro, che non sono uno scroccone che vive a sbafo chiedendo l'elemosina. Solo perché non indosso giacca e cravatta, non timbro il cartellino e non ho una busta paga, mi scambiano per un parassita, ma non lo sono.
Avere Bob con me mi dava la possibilità di interagire con il prossimo. Potevo raccontare di come c'eravamo conosciuti e anche spiegare che suonare in strada era il mio lavoro, che i soldi mi servivano per pagare l'affitto, le bollette, il cibo per me e per Bob. Finalmente la gente aveva cominciato a vedermi sotto una luce diversa.
Il gatto è un animale notoriamente molto esigente quando si tratta di concedere la sua fiducia; se decide che il padrone non la merita, semplicemente se ne va e ne cerca un altro. Vedermi con lui mi rendeva più accettabile agli occhi degli altri, mi faceva apparire più umano, soprattutto dopo tutte le esperienze disumane che avevo vissuto.
In un certo senso Bob mi stava aiutando a ritrovare un'identità, grazie a lui stavo tornando a essere una persona.
(pagine 75 e 76 del libro "A spasso con Bob" di James Bowen)
James and Bob
A street cat named Bob
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