terça-feira, 12 de novembro de 2013

Spendaccioni ovvero i shopaholic (shopping compulsivo)



Siete davanti a una vetrina. Dietro la trasparente barriera, una maglietta, uno stereo, un paio di scarpe. Non importa cosa si stia offrendo in modo così impudico ai vostri occhi. Importa quell’attrazione irresistibile, irrimandabile, inaggirabile che avete dentro. Chi vi fa entrare nel negozio, fatalmente. E comprare. Comprare quel che c’è da comprare, fuori da ogni necessità e logica. Comprare perché non potete fare altro. Perché è più forte di voi. Comprare finché qualcosa che assomiglia alla vergogna, al rimorso, all’ubriacatura, vi spinge a uscire. A riveder le stelle dopo l’inferno che ancora una volta vi ha inghiottito. Che si è fatto gioco del vostro cattivo umore. O della vostra euforia. Per abbandonarvi, infine, poveri: lo dice il conto in banca. Lo dice, soprattutto, quel fastidio che sentite dentro. Assomiglia alla colpa, a qualcosa che subite e insieme agite, senza possibilità di scelta. Di cui è meglio non dire, che è bene celare: perché la vostra è una debolezza che vi fa star male. Quasi fosse una malattia.

Non “quasi”: fate parte di quella schiera numerosa di persone che soffrono di “shopping compulsivo”. A definirla ufficialmente come una patologia è l’Amerian Psychiatric Association che l’ha inserita tra i cosiddetti “disordini ossessivi compulsivi”. Dunque, dopo anni di studi e ricerche, confidenze tra amiche, sul lettino dell’analista, abbiamo la certezza che nella lunga e autorevole lista delle malattie moderne abbiamo anche questa: l’irresistibile impulso, l’ossessiva e compulsiva spinta a comprare.

A soffrirne un esercito che chiama alle armi sempre più persone. Secondo il professor Antonio Parini della Stanford University, vittima dello shopping compulsivo è l’8 per cento delle persone e la quasi totalità sono donne. Parini si dice convinto che la sindrome da shopping compulsivo può essere curata con un comune farmaco antidepressivo.

Lo shopping sfrenato è stato incluso tra i disordini ossessivi-compulsivi, spiega Parini, perché è una di quelle malattie che spingono le persone a fare quello che in realtà non vogliono. Come i cleptomani, i piromani, i giocatori. Sono, insomma, in balia di una forza che li supera, fuori controllo. Che spesso li riduce in soggetti schiavi, e soli: molti dei “shopaholic” (alcolisti dello shopping) sono arrivati a contrarre debiti che non riescono a pagare. A perdere lavoro, amici, famiglia. Come capita a molti alcolisti, o tossicodipendenti. I compratori compulsivi possono arrivare a provare esperienze emotive simili a quelle di chi fa uso di droghe. Si sentono euforici quando comprano o spendono. Ma esaurita questa attività, consumato l’effetto inebriante dello shopping, crollano. Per recuperare la felicità perduta, devono uscire di nuovo, e comprare. “Di solito”, dice Jack Gorman, professora della Columbia University, “chi è affetto da shopping compulsivo riconosce che quello che compra non gli serve, ma allo stesso tempo non può farne a meno”.


(testo tratto da la Repubblica e pubblicato sul libro Nuovo Progetto Italiano 3, Edilingua)





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