Siete
davanti a una vetrina. Dietro la trasparente barriera, una maglietta, uno
stereo, un paio di scarpe. Non importa cosa si stia offrendo in modo così
impudico ai vostri occhi. Importa quell’attrazione irresistibile,
irrimandabile, inaggirabile che avete dentro. Chi vi fa entrare nel negozio,
fatalmente. E comprare. Comprare quel che c’è da comprare, fuori da ogni
necessità e logica. Comprare perché non potete fare altro. Perché è più forte
di voi. Comprare finché qualcosa che assomiglia alla vergogna, al rimorso, all’ubriacatura,
vi spinge a uscire. A riveder le stelle dopo l’inferno che ancora una volta vi
ha inghiottito. Che si è fatto gioco del vostro cattivo umore. O della vostra
euforia. Per abbandonarvi, infine, poveri: lo dice il conto in banca. Lo dice,
soprattutto, quel fastidio che sentite dentro. Assomiglia alla colpa, a
qualcosa che subite e insieme agite, senza possibilità di scelta. Di cui è
meglio non dire, che è bene celare: perché la vostra è una debolezza che vi fa
star male. Quasi fosse una malattia.
Non
“quasi”: fate parte di quella schiera numerosa di persone che soffrono di “shopping
compulsivo”. A definirla ufficialmente come una patologia è l’Amerian
Psychiatric Association che l’ha inserita tra i cosiddetti “disordini ossessivi
compulsivi”. Dunque, dopo anni di studi e ricerche, confidenze tra amiche, sul
lettino dell’analista, abbiamo la certezza che nella lunga e autorevole lista
delle malattie moderne abbiamo anche questa: l’irresistibile impulso, l’ossessiva
e compulsiva spinta a comprare.
A
soffrirne un esercito che chiama alle armi sempre più persone. Secondo il
professor Antonio Parini della Stanford University, vittima dello shopping
compulsivo è l’8 per cento delle persone e la quasi totalità sono donne. Parini
si dice convinto che la sindrome da shopping compulsivo può essere curata con
un comune farmaco antidepressivo.
Lo
shopping sfrenato è stato incluso tra i disordini ossessivi-compulsivi, spiega
Parini, perché è una di quelle malattie che spingono le persone a fare quello
che in realtà non vogliono. Come i cleptomani, i piromani, i giocatori. Sono,
insomma, in balia di una forza che li supera, fuori controllo. Che spesso li
riduce in soggetti schiavi, e soli: molti dei “shopaholic” (alcolisti dello shopping)
sono arrivati a contrarre debiti che non riescono a pagare. A perdere lavoro,
amici, famiglia. Come capita a molti alcolisti, o tossicodipendenti. I
compratori compulsivi possono arrivare a provare esperienze emotive simili a
quelle di chi fa uso di droghe. Si sentono euforici quando comprano o spendono.
Ma esaurita questa attività, consumato l’effetto inebriante dello shopping,
crollano. Per recuperare la felicità perduta, devono uscire di nuovo, e
comprare. “Di solito”, dice Jack Gorman, professora della Columbia University, “chi
è affetto da shopping compulsivo riconosce che quello che compra non gli serve,
ma allo stesso tempo non può farne a meno”.
(testo
tratto da la Repubblica e pubblicato sul libro Nuovo Progetto Italiano 3, Edilingua)
TG2 salute
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