sábado, 29 de novembro de 2014

Bronzi di Riace, alti e belli come dei - Roberto Bata


Esemplari perfetti della scultura greca del quinto secolo

Un riposo di duemila anni in fondo al mare, poi un lungo restauro. Ora il Giovane e il Vecchio guerriero di Fidia sono l'orgoglio del Museo Nazionale di Reggio Calabria

Risorti dalle acque, i bronzi di Riace sono il più prezioso tesoro della Calabria. Vennero scoperti in modo del tutto casuale nell'estate del 1972 da un subacqueo romano, Stefano Mariottini, immersosi a poche centinaia di metri dalle rive di Riace. Una mano di bronzo che sporgeva dal fondale sabbioso attirò l'attenzione del sub che allertò subito le autorità, convinto di trovarsi di fronte a un reperto importante. Al termine delle operazioni di recupero dal mare emmersero due giganti di bronzo dell'altezza di due metri, miracolosamente intatti. Il valore delle statue era evidente: due corpo armoniosamente scolpiti nei minimi particolari anatomici, occhi di avorio, labbra rivestite di rame per dare il senso della carnosità, denti ricoperti di lamina d'argento. Dopo anni di lavoro per pulirne l'esterno, furono portati al centro di restauro della sovrintendenza archeologica di Firenze. Lì gli studiosi si resero conto che le statue rischiavano di degradarsi in breve tempo. Le terre impiegate durante la fusione erano rimaste imprigionate dentro le figure e i duemila anni trascorsi sul fondo del mare avevano prodotto sostanze in grado di intaccare il bronzo e di corroderlo. Era indispensabile svuotarle per evitare che le statute si disintegrassero a causa della lenta ma continua erosione interna. Solo una piccola apertura alla sommità della testa e due fessure alla base dei piedi permettevano di asportare il materiale. Per tre anni i restauratori dovettero estrarre un granello di terra alla volta. Più tardi fu possibile utilizzare una tecnologia più sofisticata. Una microtelecamera a fibre ottiche montata su bracci articolati che guidavano degli ablatori, del tutto simili a quelli utilizzati nella chirurgia dentistica, potevano entrare nel cuore delle statue. Così si poteva lavorare all'interno dei bronzi come se fosser stati aperti, controllando ogni intervento con la telecamera. Se gli attrezzi che dovevano rompere l'argilla per estrarla si avviccinavano al bronzo, un segnale luminoso appariva sul monitor, impedendo così di intaccarlo.

Il lungo restauro ha permesso di studiare a fondo le statue e di avanzare ipotesi sull'identità del loro autore. Fin dal ritrovamento si è pensato fossero opera di Fidia, il grande scultore greco vissuto nel V secolo avanti Cristo. Ora gli studiosi sono concordi nell'attribuirgli la paternità della statua che raffigura il più giovane dei guerrieri, databile intorno al 460-450 a.C. La seconda statua ritrae un soldato più anziano ed è posteriore di una quarantina d'anni circa: deve essere stata realizzata da un allievo di Fidia, diadema degli eroi.




(testo pubblicato sulla rivista Italiani)




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