Convivere coi vulcani? Si può. Come avviene sull'isola di Kyushu, in Giappone: tra rifugi, canali antilava e caschetti per i bambini
Il Giappone è uno dei luoghi al mondo con la maggior concentrazione di vulcani attivi ed è anche uno dei paesi a maggior densità di popolazione. Vulcani come l'Aso, l'Unzen, l'Usu, il Sakurajima e lo stesso Fuji per citare i più noti, condividono il territorio con un gran numero di persone che con essi hanno imparato a convivere. Le coltivazioni, le attività industriali e artigianali tradizionali e le stesse abitazioni sorgono sulle pendici del vulcani; intere caldere, probabilmente attive, sono popolate da migliaia di persone e il legame anche religioso con questa natura instabile e violenta è indissolubile.
La terra trema
Ma non è una convivenza pericolosa. Vivere a stretto contatto con vulcani attivi e con frequenti terremoti ha costretto i ricercatori, gli amministratori e un gran numero di professionisti giapponesi a incrementare le proprie conoscenze scientifiche nel tentativo, spesso riuscito, di trovare soluzioni concrete e originali per ridurre al massimo, l'impatto di eventi naturali catastrofici.
Valanga letale
I vulcani giapponesi hanno un carattere essenzialmente esplosivo, che si manifesta con eruzioni violente che proiettano nel cielo (fino a una quota superiore ai 12 km) materiale incandescente, cenere, lapilli, bombe vulcaniche e gas.
Ma soprattutto producendo i cosiddetti "flussi piroclastici": una sorta di frane, quasi valanghe costituite da materiale incandescente immerso in un'emulsione di gas e cenere con una temperatura interna che può raggiungere i 1.000 ºC e che corre lungo i pendii senza quasi toccare terra, sospesa su un cuscino d'aria calda, come un hovercraft naturale che viaggia a quasi 400 km orari. I pericoli derivanti da questo tipo di attività sono molti e spesso sembrano non dare chance di salvezza.
Uno dei vulcani più famosi e che presenta un'attività esplosiva quasi costante è il Sakurajima, sull'isola di Kyushu: il vulcano ha formato un'isola, simile a Stromboli, all'interno di una baia. La continua attività eruttiva avvenuta nell'ultimo secolo ha unito l'isola alla terraferma. Il Sakurajima fronteggia minaccioso la popolosa città di Kagoshima (605 mila abitanti), dalla quase è separato da un braccio di mare di soli 4 km di larghezza.
Sosia del Vesuvio
Il carattere marcatamente esplosivo, la sua posizione sul mare, il clima mite della regione, la vicinanza a una delle maggiori città giapponesi fanno di questo vulcano una sosia del Vesuvio. Non a caso Napoli e Kagoshima sono città gemellate da oltre 50 anni (precisamente dal 3 maggio 1960). A Kagoshima si trova la "Napori odori" (cioè viale Napoli), mentre a Napoli, che ha dedicato alla gemella due tram, esiste viale Kagoshima, in zona Vomero.
Entrambi i vulcani sono sotto stretta sorveglianza: i rispettivi osservatori vulcanologici lavorano 24 ore su 24 per tenere sotto controllo le minime variazioni fisiche, chimiche e morfologiche dei due giganti. Ma le analogie terminano qui. Il Sakurajima, nonostante l'attività costante, rappresenta un vero e proprio modello di sicurezza: dopo l'ultima tragica eruzione, avvenuta il 12 dicembre 1914, è iniziata un'imponente opera di protezione nei confronti della popolazione che vive intorno all'isola e sui fianchi della montagna.
Se lo conosci...
Il lavoro di prevenzione agisce contemporaneamente sul vulcano e sulla popolazione. Ogni isolano, infatti, bambino, giovane, adulto o anziano che sia, è stato educato ad affrontare l'emergenza eruzione tramite un lavoro che inizia dalle scuole materne e prosegue fino alla maggiore età. Indipendentemente dal fatto che ci sia attività in atto o meno, i bambini delle elementari, nel tragitto che da casa li conduce a scuola, devono obbligatoriamente indossare un caschetto giallo protettivo, i ragazzini più grandi lo tengono legato agli zainetti, tutti hanno delle razioni di cibo in cartella utili in caso di breve isolamento.
Ogni bambino sa che il suono di una particolare sirena indica allerta e agisce di conseguenza: si rifugia subito sotto il proprio banco per evitare cadute di calcinacci dal soffitto, al comando dell'insegnante tutti sanno quale posizione prendere nella scuola per iniziare una rapida ma ordinata evacuazione dalla classe al cortile, dal cortile all'esterno e da lì verso i punti di raccolta ai pullman e poi al porto dove battelli particolarmente attrezzati sono pronti ad accogliere gli sfollati per condurli in salvo.
Un meccanismo oliato che oltre a periodiche e locali esercitazioni, una volta all'anno, proprio in occasione dell'anniversario dell'eruzione del 1914, coinvolge l'intera popolazione dell'isola in una simulazione di massa che si conclude con la completa evacuazione dei centri abitati.
Meteo-vulcano
Ma è sulla struttura del vulcano stesso che sono stati approntati i più moderni sistemi di prevenzione e sicurezza. Piccoli tunnel e ripari costruiti in cemento armato sono disseminati sull'isola, alcune aree sono "off limits", speciali cartelli luminosi indicano, in caso di caduta di ceneri, il livello di visibilità e la sicurezza dell'asfalto.
Durante le previsioni meteorologiche locali viene indicata quale area dell'isola potrebbe essere interessata da caduta di ceneri, materiale che naturalmente viene raccolto in particolari sacchi di iuta, radunati in determinati punti e quindi ritirati da un servizio dedicato.
La sede dell'osservatorio vulcanologico è un vero concentrato di tecnologia antisismica: giganteschi ammortizzatori sono affiancati da grandi dissipatori di energia in grado di assorbire violente scosse sismiche.
Caduta massi (infuocati)
La pericolosità maggiore del vulcano è da attribuire alle colate piroclastiche che innescano violente frane di rocce. Massi grandi come automobili possono essere espulsi dalla bocca eruttiva e nella caduta possono frantumarsi innescando una catena di rotolamenti di blocchi estremamente veloci e distruttivi.
Per questo motivo sui versanti a maggior pendenza e in alcune valli che scendono verso i centri abitati sono stati costruiti speciali sbarramenti in cemento armato, dighe super resistenti, canali a gradoni dove le rocce, costrette a rimbalzare, perdono energia e frantumandosi diminuiscono il loro volume divenendo meno pericolose. Cunei sumili agli sbarramenti anticarro della Seconda guerra mondiale, canali che si biforcano per dividere e indebolire i flussi di lahar (una micidiale miscela di cenere, fango e acqua), strutture tubolari in ferro, simili ai paravalanghe che si vedono su alcuni versanti alpini, costituiscono una vera ragnatela di opere di difesa, utili a smorzare la forza distruttiva del vulcano: i vulcanologi del centro di ricerca dell'isola hanno stabilito dove collocarli seguendo modelli delle colate laviche.
Anti onde
È stata valutata anche la possibilità di uno tsunami che potrebbe prodursi dall'impatto del materiale in mare: enormie blocchi in cemento armato sono stati posizionati in mare con inclinazioni e direzioni adatte a frangere le grandi onde. Sembra quindi impossibile che il Sakurajima possa in qualche modo nuocere alla popolazione.
Sull'isola, all'avanzata gestione del rischio si affianca negli ultimi anni qualche critica: la gente sembra assuefatta alla paura e, secondo alcuni, le esercitazioni sono eseguite con troppo automatismo. Un vantaggio... ma anche un problema, se si verificassero eventi non previsti.
(testo pubblicato sulla rivista Focus nº 220 - febbraio 2011)
Eruzione del Sakurajima (18/08/13)
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