quinta-feira, 17 de julho de 2014

Il Divin Codino spacca l'Italia - Chiara De Marchis


Genio o solo fortunato, imprevedibile o fragile. Per Roberto Baggio non esistono le mezze misure. Come per i grandi del passato, i giudizi su di lui sono taglienti: o lo si ama o lo si detesta. Ma la Juve e la nazionale gli devono anche troppo...

La partita più difficile, Roberto Baggio, l'ha giocata contro la famiglia più forte d'Italia: gli Agnelli. E l'ha persa. Come si fa per una parte usurata dell'ultima Fiat, l'hanno sostituito con un nuovo pezzo che costava pure meno: Alessandro Del Piero. E il più famoso costruttore d'automobili aveva già trovato un nuovo meccanismo - l'Inter dell'ambizioso Moratti - per un finale di carriera all'insegna di qualche onorevole terzo o quarto posto in campionato. Robibaggio, 28 anni da Caldogno, un paesino vicino a Vicenza, c'è rimasto male. Come - ha pensato - io, il Pallone d'Oro che vi ha fatto vincere una coppa Uefa, un campionato dopo nove anni, che ho trascinato una moribonda Italia al secondo posto ai Mondiali, vengo trattato come un pezzo di ricambio? E neanche posso scegliere dove andare a dimostrare di non essere al capolinea? Addio mia cara Juve, il destino me lo scelgo da solo.

Il resto è storia nota: l'arrivo alla corte di re Silvio, la difficile coabitazione con Savicevic, la perdita della maglia numero 10, ma anche le magie in Europa e in Italia che sono valse al Milan la riconquista del primo posto in campionato e un cammino sicuro in coppa Uefa. Sì, perché Baggio è uno che di gol ne segna e ne fa segnare un bel po'. Nei cinque anni alla Juve ha giocato 200 partite con 115 gol, praticamente una rete ogni due match, tanto da entrare nella lista dei dieci giocatori più prolifici di ogni tempo. Però tutto questo, ai suoi critici sempre di più e sempre più accaniti, non basta.

Campione o mezzo bluff

"È un mezzo giocatore che non risolve mai una partita", ripetono incessantemente. "È un nove e mezzo" ha aggiunto con sarcasmo l'ex stella della Juve Michel Platini. Durante la prima fase del mondiale americano - quando il Divin Codino stentava e la squadra era inguardabile - i voti sui quotidiani andavano impietosi dall'1 al 4. E i giudizi erano ancora più pesanti. "È fuori fase - disse Gianni Rivera ex Golden Boy del calcio - Sacchi dovrebbe pensarci due volte prima di rimetterlo in campo". "È solo una stella potenziale" aggiunse il solito Platini (forse anche un po' invidiosetto). "Un signorino inutile" cantò Domenico Modugno. "Meglio Zola" recitò il comico Gene Gnocchi. "É un coniglio bagnato" fabbricò Giovanni Agnelli. "Tutti utili nessuno indispensabile" fotografò Oliviero Toscani. "Non è leader" intonò il cantante Baccini. Un coro da far invidia a quello dell'Aida. Con una sola pecca: che la partitura era sbagliata. Due giorni dopo, infatti, Baggio infilò l'uno dietro l'altro la Nigeria, la Spagna, la Bulgaria e proiettò l'Italia in una finale persa per stanchezza e, soprattutto, perché affaticato e mezzo infortunato lui, i suoi compagni non ebbero un guizzo che fosse uno. "Quando ero piccino - disse Baggio durante quell'esperienza - guardavo le partite dell'Italia in televisione e mi emozionavo sentendo l'inno o guardando le maglie azzurre. Ho sempre sognato di essere lì, dall'altra parte del video. E ora che ci sono, penso a quelli che mi guarderanno, mi dico, mica puoi fare lo stupido adesso. Giuro, non ci sono miliardi che possano pagare l'emozione di essere là, a provare a vincere con la maglia della nazionale addosso".

Un miliardo di troppo

Ma il distacco dalla Juve è arrivato anche per una storia di soldi. Roby voleva un contratto triennale da un miliardo l'anno. La Juve gliene offriva due. In realtà l'idillio - se mai c'è stato - si era completamente rotto. E pensare che l'Agnelli grande, Giovanni quello che conta, l'aveva addirittura paragonato al pittore Raffaello. Ma non ci ha pensato due volte prima di mollarlo al "nemico" Berlusconi con un accordo che va al di là del complicato contratto (diciotto miliardi e mezzo dalle casse del Milan a quelle della Juve, tre miliardi all'anno per tre anni nelle tasche del giocatore), passando attraverso la pubblicità, le sponsorizzazioni, l'organizzazione di manifestazioni sportive, la trasmissione delle partite in tivù.

Quell'accordo, il Milan, l'aveva chiuso cinque anni prima. Baggio dalla sua Fiorentina doveva andare al team rossonero. Fu una telefonata di Giovanni a Silvio ("La prego...") a dare lo stop e a determinare il passaggio alla Juve. Adesso chi avrà avuto ragione? La Juve a darlo via al massimo del prezzo indebolendo la sua rosa o il Milan che ha acquistato un giocatore che ormai potrebbe aver detto tutto? Forse non basterà una stagione a scoprire l'arcano.

Le contraddizioni del fantasista

Certo il personaggio è di difficile lettura. Silenzioso, buddista ma amante della caccia alle anitre, non è un trascinatore ma è decisivo nelle partite che contano. Critica la ricerca incessante del denato e poi rompe - ufficialmente - per una questione di busta paga. "Ci danno troppi soldi? È vero - dice il Divin Codino - che guadagniamo per quello che valiamo. Ha mai visto un presidente regalare denaro? Io mai. Lei sa quanta gente guadagna sulle spalle di un calciatore? Io non penso che guadagni più del presidente che lo paga. In compenso, le assicuro che per arrivare a guadagnare quello per cui tanti si indignano bisgona farsi un mazzo così".

Non è leader, ma è stato il simbolo della Nazionale di Sacchi. È un atipico - per usare una definizione che piace all'ex ct Enzo Bearzot - e un genio. E come tutti i geni incostante e imprevedibile. Secondo un sondaggio post-mondiale - malgrado il secondo posto - era più popolare di Bill Clinton nel mondo. Eppure non ama le interviste, la pubblicità (anche se ne fa tanta per tre o quattro miliardi l'anno), il chiasso.

Non è un centrattacco o una punta, ma neanche una mezzala. Ha muscoli di seta, ossa di vetro: a quindici anni ha subito il primo gravissimo incidente, una lesione al menisco del ginocchio sinistro. La sua carriera poteva finire prima di cominciare, o risultare compromessa. Invece, sin dall'adolescenza è stato tra gli assi più contesi e discussi. "Io sarei un giocatore non decisivo - dice ridendo - mi conosco abbastanza per sapere che ho sempre dato il massimo e che non ho rimpianti. So che nella vita tutto dipende da noi stessi, è inutile che mi chiedano quando taglierò il codino o perché sono buddista...".

Discusso come rossi

Il suo destino è simile a quello di due altri grandi campioni che hanno diviso critici e tifosi: Gianni Rivera e Paolo Rossi. Offesi, sbeffeggiati, accusati di distruggere il calcio italiano, hanno entrambi vinto - unici italiani come Baggio - il Pallone d'Oro (il massimo riconoscimento per un calciatore). Della serie: nessuno è profeta in patria. Ma soltando quando sono in attività. Di Rivera - che aveva parecchia difficoltà a trovare posto in nazionale - adesso si parla come di un semidio del pallone. Di Rossi - che quando giocava veniva considerato una "mezza pippa" solo un po' fortunato - si ricordano guizzi, intuizioni e fulminanti dribbling. Sarà così anche per Roby?

A lui non sembra importare molto. Nella vita, come in campo, sembra spesso assente, disinteressato a tutto. Un artista solitario, malinconico, fragile. Finché improvvisamente gli si accende la lampadina: e sono dolori per gli avversari. Come contro la Nigeria, quando salvò l'Italia all'ultimo minuto da un mortificante eliminazione. O quando in quel pomeriggio di Napoli - stava ancora con la Fiorentina - partì dalla sua area di rigore e arrivò da solo dall'altra parte, dopo avere scartato sei avversari più il portiere e accarezzò la palla con un tocco magico depositandola in rete. Questo è Baggio. O Raffaello. Prendere o lasciare.

Radiografia di un campione

Tutto quello che avreste voluto sapere di Roby

La vita

Roberto Baggio è nato a Caldogno (Vicenza) 28 anni fa. È sposato con Andreina Fabi e ha due figli. Si sono conosciuti a 15 anni: il campione la vedeva passare in bicicletta sotto la sua finestra, se ne innamorò e la fermò. Da allora non si sono mai separati. Da sette anni ha abbracciato la religione buddista. Ama raccontare le barzellette.

Le vittorie

Ha vinto pallone d'oro, la Coppa Uefa, lo scudetto con la Juve. ha conquistato il secondo posto ai campionati di calcio in America.

I soldi

Guadagna un miliardo l'anno per tre anni con il Milan, più 3 o 4 miliardi tra sponsarizzazioni e pubblicità varie.

La tecnica

È uno dei più grandi calciatori italiani di tutti i tempi. Calcia benissimo con tutti e due i piedi (anche se preferisce il destro). Ha grande fantasia, un dribbling strettissimo e un tiro preciso. Sulle punizioni e micidiale. Nei rigori è freddo e preciso. Peccato abbia sbagliato quello decisivo nella finale con il Brasile.

Gli idoli giovanili

Zico.

Il destino

Il padre, tifoso di ciclismo (ha chiamato il fratello Eddy in onore di Merckx) avrebbe voluto vederlo in sella a una bicicletta). Poteva fare il tornitore, il campione di biliardo, il chitarrista, il disc-jockey.

Il carattere

È un ragazzo semplice, ama le cose piccole della vita: la casa, la familia e il suo paese.

Gli hobby

Implacabile cecchino. È uno dei cento migliori cacciatori di anitre d'Italia.

La musica

Prince, Eagles, Zucchero.

Il cinema

Kim Bassinger e Roberto Benigni, di cui è amico.




(testo pubblicato sulla rivista Italiani nº 11 anno II -dicembre 1995)













Nenhum comentário:

Postar um comentário