sábado, 13 de dezembro de 2014

Blue jeans - i numero uno al mondo - Anissia Becerra


I jeans compiono 140 anni dalla registrazione del brevetto costato appena 68 dollari! Storia del capo più venduto al mondo, nato come tuta da lavoro per i cercatori d'oro

Tutto comincia nel 1847, quando il diciottenne Loeb Strauss, giovane ebreo bavarese, sbarca a New York in cerca di fortuna, insieme alla madre e a due sorelle. Nella Grande Mela Loeb resta poco: si trasferisce subito in Kentucky dove per 5 anni lavora come venditore ambulante per conto dei fratelli maggiori, proprietari di un commercio all'ingrosso di tessuti, fazzoletti, mutande, tende e abiti da lavoro. Nel 1853, dopo aver cambiato il proprio nome in Levi e aver acquisito la nazionalità americana, decide di giocarsi il tutto per tutto in California: laggiù c'è un grande fermento per via della Gold Rush, la corsa all'oro che attira, assieme a cercatori e mineratori, anche un folto numero di avventurieri e fuorilegge. Tutti bisognosi di vestirsi. Levi ha un progetto ben chiaro: vuole sviluppare un fiorente commercio di abiti e tute da lavoro. Sa bene come fare: gira per le miniere e i campi coltivati, osserva i lavoratori, crea dei modelli nuovi e robusti, come le tutte a salopette, e ha un discreto successo. Niente boom, però. Almeno fino al 1872.

Un'idea geniale

In quell'anno, un sarto di Reno (Nevada) di nome Jacob David mette a punto un'idea geniale: per migliorare la robustezza e la durata dei pantaloni da lavoro, pensa di rinforzarne le cuciture con dei rivetti metallici, soprattutto nei punti di maggior usura. Davis vorrebbe brevettare il procedimento, ma non ha i 68 dollari necessari a depositare il brevetto e chiede in prestito a Levi.

I due uomini s'incontrano, aprono una società in comune e nel 1873 depositano il brevetto che segna ufficialmente la nascita dei blue jeans: si tratta di pantaloni da lavoro a 5 tasche, in tela denim, robusta e confortevole, rinforzata nelle cuciture con rivetti in rame. Il sucesso è immediato: nel 1890, l'azienda inventa il mitico modello Levi's 501 che nel 1920 si trasforma nella divisa degli operai della ferrovia transamericana, di minatori, agricoltori e naturalmente cowboy.

Anche i nomi hanno una storia

Secondo alcuni, il nome denim, con cui si designa la particolare stoffa a trama bianca e ordito blu, e il termine blue jeans, con il quale si indica il particolare taglio dei pantaloni, avrebbero una storia ben più antica di quella di Strauss e Davis. I loro primi pantaloni, in effetti, si chiamarono waist overalls e così continuarono a chiamarsi sino al 1960 circa;  di "blue jeans" si parlerà solo in seguito, essenzialmente perché con questo nome i teenager della fine degli anni Cinquanta iniziarono a chiamare i Levi's e gli altri pantaloni in denim. Se si ricostruisce la storia dei nomi - così sostengono alcuni - si scopre che i blue jeans precedono, e di molto, il brevetto dei due californiani. In efetti, nell'Europa moderna tra Sei e Settecento, i mercanti apprezzavano un ruvido tessuto di cotone color indaco che veniva fabbricato nella bassa valle del Rodano, in Francia. Questa tela era nota come tissu de Nîmes (pronunciato tissù-de-nim), ovvero tela di Nîmes, espressione abbreviata poi in denim, cioè proveniente da Nîmes.

A farle concorrenza c'era all'epoca un'altra tela che si produceva a Chieri, in provincia di Torino: un robusto fustagno di colore blu che veniva esportato via mare, attraverso il porto di Genova dove era usata per confezionare i sacchi per le vele, coprire le merci  nel porto e tagliare i pantaloni da lavoro di portuali e marinai. Il termine inglese blue jeans si pensa derivi dalla pronuncia inglese dell'espressione francese bleu de Gênes, ossia "blu di Genova".

I più antichi blue jeans non sarebbero, quindi, i pantaloni prodotti in California, bensì quelli che Garibaldi indossò durante tutta la Spedizione dei Mille, seguendo un'antica tradizione genovese. Secondo questa versione, anche i blue jeans, come tutto quello che va di moda, sarebbe made in Italy.




(testo pubblicato sulla rivista Airone nº 390 - ottobre 2013)






Nenhum comentário:

Postar um comentário