Si preannuncia un grande successo il film"L'ultima legione tratto dall'omonimo best seller del nostro collaboratore Valerio Massimo Manfredi: la storia dell'imperatore bambino Romolo Augusto, che con un pugno di eroi fronteggia le invasioni barbariche
È ormai prossima la presentazione fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia del film L'ultima legione, tratto dal mio romanzo omonimo (Mondadori, 2004) e prodotto da Dino De Laurentis. Il film, come del resto il romanzo, è ambientato in uno dei momenti più drammatici della storia dell'Occidente, in un'epoca di cui il cinema non si è mai occupato.
Tutto inizia nel 476 d.C.
La vicenda infatti ha inizio nel novembre del 476 d. C., lo stesso giorno in cui il piccolo Romolo Augusto, chiamato dalle fonti "Augustolo" con un diminutivo spregiativo, viene deposto dal generale barbaro Odoacre, capo della tribù germanica degli Eruli e comandante dell'esercito imperiale, e confinato in un'isola del Golfo di Napoli.
La vita non si fermò per questo: continuava, grama come sempre, tra saccheggi, vessazioni, epidemie, miseria; eppure aveva avuto luogo un atto formale con cui l'Impero romano di Occidente era ufficialmente morto 1.229 anni dopo la fondazione di Roma.
Odoacre aveva mandato a Costantinopoli all'imperatore Zenone le insegne imperiali di Romolo dichiarando che un imperatore solo era più che sufficiente per tutto l'impero. Di fatto l'assetto istituzionale era in assoluta confusione. In teoria l'impero era unico e indivisibile, ma dal tempo di Diocleziano era stata istituita una suddivisione amministrativa fra Oriente, con capitale Nicomedia, e Occidente, con capitale a Milano, e un complesso sistema, la tetrarchia, in cui due Augusti sceglievano i loro successori, i due Cesari, non per discendenza dinastica ma per criteri di merito: una volta che fossero diventati Augusti avrebbero scelto a loro volta due Cesari.
7 imperatori per un regno
Purtroppo il sistema, efficiente sulla carta, si rivelò un disastro nella pratica e vi fu un momento in cui ben 7 imperatori furono in carica contemporaneamente. La semplificazione avvenne con la forza agli inizi del IV secolo d. C. a opera di Costantino, che rimasto solo decise di spostare la capitale dell'Impero a Bisanzio, che si chiamò Costantinopoli. L'Oriente riuscì a mantenere a lungo i suoi territori e la qualità della sua economia mentre l'Occidente, lasciato a se stesso, subì sempre di più la pressione delle invasioni barbariche fino a collassare.
L'Occidente crolla
Fu un evento catastrofico, anche se alcuni studiosi hanno cercato di minimizzarlo. Un mondo intero crollava, un mondo fatto di città con strade, acquedotti, terme, impianti igienici sofisticati, teatri, stadi, biblioteche con milioni di libri, monumenti d'incomparabile bellezza, collezioni d'arte che conservavano pezzi antichi anche di secoli. Un mondo difeso da una forza armata schierata su un confine di migliaia di km, con forze di sicurezza che presidiavano le strade, gli alberghi e le stazioni di sosta, con un sistema postale che aveva una stazione di cambio ogni 25 km, con 12 flotte a pattugliare i mari, centinaia di porti con moli, bacini di carenaggio, fari capaci di proiettare il loro raggio luminoso per decine di km. I tesori di conoscenza e di civiltà e di qualità della vita che andarono perduti non sono nemmeno quantificabili. L'Impero fu soprattutto un ideale: il concetto che per un essere umano fosse l'unico luogo in cui valesse la pena di vivere. Ci credettero a lungo i suoi cittadini e ci credettero i suoi imperatori. Ma 200 anni di guerre comportarono spese insopportabili che fecero aumentare la pressione fiscale oltre ogni limite. Le classi dominanti cercarono di scaricare questi gravami su quelle meno abbienti, uccidendo il patriotismo e il senso di appartenenza. L'economia non resse, la miseria diffusa alimentò il desiderio di speranze ultraterrene. I migliori si voltarono alla religione (in particolare al cristianesimo), alla pubblica amministrazione o ai quadri delle forze armate.
Impero fantasma
Eppure, quando l'Impero cadde il suo fantasma continuò a vivere. Per tutto il periodo in cui l'Europa fu dilaniata dalle guerre, divenne il ricordo idealizzato di un'unica patria che univa genti di ogni lingua e razza. Come aveva scritto il poeta, "Fecisti patriam emultis gentibus unam". "Hai fatto di tanti popoli una sola patria".
(testo pubblicato sulla rivista Airone nº 314 - giugno 2007)
Scene del film "L'ultima legione"
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