Ma la
letteratura gialla ci insegna anche che non sempre le cose sono come appaiono,
ed ecco perché diventa importante indagare sul movente: se a quei tempi questo
lavoro fosse stato fatto, la storia sarebbe stata scritta in un altro modo.
Per scoprire
un movente bisogna per prima cosa scavare nel passato della vittima e del
sospettato: Abele e Caino. Apparentemente i due fratelli avevano avuto
un’infanzia serena: un mondo a disposizione senza nessun altro bambino che
dicesse “questo è mio”, o che facesse il bullo con loro, niente scuola, niente
apparecchio per i denti, perché non esistevano ancora né insegnanti né
dentisti. I problemi, secondo gli storici, cominciarono con l’adolescenza,
allorché i loro genitori ritennero fosse arrivato il momento di tramandare ai
figli la volontà del Signore. Per cui una sera li convocarono e ripeterono loro
le parole di Dio: “Ragazzi, siate fecondi e moltiplicatevi, andate a riempite
la terra!”. E così detto li buttarono fuori casa.
Iniziò un
periodo molto duro per i due ragazzi, costretti a cavarsela da soli. Ancora
oggi per gli adolescenti è dura cavarsela da soli, senza i soldi di papà e la
cucina di mamma, ma per Caino e Abele il problema era ben più grave: loro erano
davvero soli sulla faccia della terra, e dovevano esaudire la volontà del
Signore, e cioè da due che erano moltiplicarsi fino a diventare sei miliardi.
Siccome
erano due bravi ragazzi, timorati di Dio soprattutto per i racconti che gli
avevano fatto i genitori, decisero di trovare il modo di riprodursi.
All’inizio
utilizzarono i metodi più ovvi e a portata di mano: infatti, visto che erano
due uomini, uno agricoltore e l’altro pastore, provarono con la pecorina, ma
Abele non restò incinto e a parte un forte bruciore non successe nulla.
Capirono che
per procreare serviva una donna e pertanto fecero domanda in carta bollata al
Ministero per ottenere una femmina, ma le pastoie della burocrazia li
costrinsero a rinunciare.
Cercarono
allora di bypassare la legge Bossi-Fini pur di avere una badante che venisse
dai paesi dell’Est. Ma anche quel tentativo fallì.
Tentarono la
strada della clonazione, ma non riuscirono a trovare in commercio nessuna
fotoclonatrice e rinunciarono.
Pur di avere
figli si misero in lista per adottarne uno, ma erano disponibili solo bambini
verdi di altri pianeti e non se la sentirono per non farli sentire diversi.
Col passare
del tempo e l’accumularsi dei fallimenti, i due cominciarono ad avere seri
disturbi psicologici: Caino ebbe tre gravidanze isteriche, mentre per un lungo
periodo Abele pensò di essere la mamma di un opossum.
Le
frustrazioni li spinsero dapprima all’elitismo, per poi farli precipitare nel
tunnel della droga. Del resto nella loro famiglia ricorrevano i problemi con la
frutta: i loro genitori si erano rovinati per le mele, e loro per le pere.
E arrivò il
giorno in cui il povero Abele morì di overdose e Caino, strafatto, non riuscì
nemmeno a discolparsi. Quando il Signore tuonò dal cielo: “Caino, cosa hai
fatto a tuo fratello?” lui biasciò solo: “Che c’hai un euro da darmi, devo
andare a trovare mia nonna...”. Ma Dio capì subito che era una scusa, perché
come tutti sanno Caino non aveva una nonna.
Il giorno
dipo i giornali dell’epoca non ebbero il minimo dubbio sulla sua colpevolezza,
e fu così che Caino passò alla storia come il primo assassino, invece che come
la prima vittima di un tragico errore giudiziario.
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